Scene da una fotografia - III edizione
I ed. 2012 - II ed. 2013 - III ed. 2014
FINALISTI E VINCITORE / FINALISTS AND WINNER
La III edizione del concorso fotografico "Scene da una fotografia"
è stata vinta dal progetto Il Teatro Dipinto di Alessandra Cardone,
tra il sestetto di finalisti scelto dalla giuria e completato da Anna Campanini, Aurelio Cicalese,
Evgeny Denisov,
Federica Di Benedetto,
Francesca Lucisano.
Il progetto fotografico vincitore sarà esposto:
- dal 5 al 11 giugno presso la Galleria Ashanti di Roma (via del Boschetto 117, Rione Monti),
con vernissage giovedì 5 giugno dalle 18.00.
- dal 12 al 22 giugno presso l' l'Istituto Quasar di Roma (via
Nizza 152)
I progetti fotografici finalisti sono stati esposti dal 12 al 25 maggio presso il
Teatro dell'Orologio di Roma nell'ambito del Festival Inventaria.
Ritratti / Figure
foto di
Anna Campanini
L'autrice dimostra un uso consapevole ed espressivo della fotografia analogica, giocando efficacemente con luci ed ombre ed offrendo un'interessante
interpretazione dello spazio teatrale.
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Gli scatti sono stati realizzati tra il 2011 e il 2014 e sono stati selezionati da spettacoli che si sono svolti presso Teatro Europa, Teatro al Parco (Parma), e Teatro Cavallerizza (Reggio Emilia).
Le persone ritratte provengono da realtà ed esperienze teatrali molto diverse le une dalle altre, alcune sono allievi di laboratori, altre partecipano a progetti di teatro sociale e responsabile (a Parma progetti teatrali rivolti alle donne migranti e native, a Reggio Emilia progetti rivolti a pazienti e operatori del dipartimento di salute mentale della città), solo pochi di loro sono professionisti.
La scelta delle immagini e l’ordine in cui le ho selezionate tentano di comunicare il mio modo di vedere, sentire e raccontare gli attori in scena.
A questo proposito ho suddiviso il progetto in due parti, una contenente ritratti e un’altra contenente figure, senza l’intenzione di raccontare in modo didascalico gli accadimenti dei vari spettacoli, ma con il desiderio di mostrare invece l’apparenza delle realtà che spesso, ma non sempre, emergono dal buio nell’attimo in cui la luce dà loro una forma.
Tutti gli scatti sono realizzati in pellicola.
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Il Teatro dipinto
foto di
Alessandra Cardone
Le immagini proposte appaiono forti ed espressive, dotate di un’importante carica emotiva che ben esprime le sensazioni date dalle performance teatrali
descritte: sguardi estatici che sembrano riconnettersi ad uno spazio "altro", anelato e tragicamente negato, attimi danzanti che riflettono una ricerca
dell'intimità conquistata proprio attraverso il movimento non standardizzato. Il tutto corredato da un'estetica fotografica rigorosa che gioca bene con la luce
e che sottintende un forte quanto originale e drammatico solipsismo dei protagonisti.
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Il progetto comprende 25 fotografie di scena selezionate tra gli scatti che ho realizzato per due spettacoli teatrali: Anna dei miracoli con Rosalba Di Girolamo 7
e Ramona Tripodi, regia Ramona Tripodi, presso il Teatro Il pozzo e il pendolo di Napoli; La città volontaria di e con Antonella Monetti, con Antonio Vitale, presso il Teatro Ridotto del Mercadante di Napoli.
Ho concepito e realizzato queste fotografie, riunendole in un corpus unico di immagini, affinché raccontassero il mio personale sguardo al teatro,
la mia convinzione che il teatro e la messa in scena siano un costante rimando al mondo della pittura, che i miei scatti intendono rievocare.
E' forse per questo che la mia Anna e la mia Ellen di Anna dei miracoli mettono in risalto, più di ogni altro aspetto, la loro corporeità caravaggesca,
fatta di chiaroscuri quasi a lume di candela, di stoffe bianche lacere per indumenti che coprono corpi smunti, incarnati sofferti, terrosi, rugosi ed infine
drammatici come il fondo brunastro quasi nero da cui ergono: dramma come è in realtà lo spettacolo stesso.
Analogamente le due figure di uomo e di donna, Antonella ed Antonio, ne La città volontaria: si cercano e si sfuggono, ballano, condividono aria e spazio,
realistiche e crudelmente vere le loro fattezze, che scoprendosi diventano sempre più esponenzialmente due figure quasi "riberesche".
Ecco, sono questi i personaggi che indago con il mio obiettivo durante la piece, che permette loro di inventare una storia, un personaggio, una narrazione.
Certo, trovo fantastico tutto questo. E trovo parimenti fantastico ed emozionante per me poterli seguire ed immortalare come presenze, come corpi,
come respiri che hanno un loro senso estetico e spirituale che vive e sopravvive, sempre prima e dopo lo spettacolo, ed a prescindere da esso, e
che mi auguro le mie foto riescano a far rivivere ed a trasmettere quel respiro.
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Il Calapranzi
foto di
Aurelio Cicalese,
La tematica del doppio assume contorni noir, non rifacendosi allo sdoppiamento dell'uno, ma a un suo vero e proprio raddoppiamento. Le immagini appaiono ben
realizzate, con un’ottima attenzione compositiva ed un'interessante visione della prospettiva nell'azione teatrale.
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Chiudi due uomini in un seminterrato e ti mostreranno l'umanità.
Tensione cromatica e figure che cercano di stagliarsi dall’oscurità rappresentano in queste foto la paura di scegliere: l’uomo che si dibatte tra forza di voler
reagire e terrore verso l'abisso.
Nel lavoro fotografico per Il Calapranzi, messo in scena da Alessandro Gorgoni, ho voluto ripercorrere la traccia pinteriana e, attraverso le immagini,
cercare di fissare proprio queste emozioni mostrando le parti più recondite dell’animo umano e le sue paure più inconfessabili.
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La accabadòra
foto di
Evgeny Denisov
Ritocco:
Maria Scintilla
L’autore affronta il tema con sguardo singolare, utilizzando la tecnica del mosso che aiuta l’immedesimazione e l’immersione nella figura descritta, offrendo
una potente testimonianza dell'immaginario teatrale con aderenza interpretativa al fattore onirico del racconto. L’editing appare sintetico ma completo,
scorrevole e narrante.
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“Accabadora. Il processo”, regia di Brunella Ardit, parla di una figura sarda, l’accabadora appunto, che in molte zone dell’isola veniva chiamata per aiutare a morire.
Chiamata dai familiari di un malato terminale si faceva carico materialmente di porre fine alle sofferenze del moribondo. Molto spesso questo ruolo veniva
affidato alla levatrice del luogo: lei aiutava a nascere e a morire.
Lo spettacolo “Accabadora. Il processo” nasce dalla scoperta di questa particolarissima figura, nasce dalla voglia di condividere lo stupore, nasce dalla voglia
di conoscere meglio la propria terra. E’ ambientato in un’aula di tribunale al termine di un processo ad una donna riconosciuta come femina accabadora.
La metafora del processo come interrogazione della propria coscienza rispetto a una scelta così estrema, sintetizza efficacemente il sottile e controverso
rapporto tra il concetto di giustizia – quella del tribunale e della società civile - e la sfera dell’etica di ciascun individuo.
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Un anno con voi
foto di
Federica Di Benedetto
Non solo per il tema affrontato, ma anche per la scelta delle inquadrature e l’ottima capacità ritrattistica dell’autrice, questa serie di immagini appaiono
emotivamente coinvolgenti e ben presentate, mettendo in luce all'aspetto sociale e alle capacità curative del teatro.
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“Un anno con Voi” è un viaggio all’interno del mondo del “Teatro Patologico”, la scuola di teatro integrato diretta da Dario D’Ambrosi, presso cui
io stessa lavoro come volontaria da più di un anno: una collezione di foto ritraenti i ragazzi-attori della scuola, colti durante le prove, le pause,
la preparazione, il dietro le quinte e gli spettacoli del 2013.
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Addolorate
foto di
Francesca Lucisano
L’autrice narra con partecipazione e ottima tecnica fotografica le rievocazioni di strada che si tengono a Palermo durante la settimana santa.
La trasfigurazione contemporanea del dolore e del "tradimento" opera rammemorando nella forma (il bianco e nero) il tempo passato. La scelta delle inquadrature
e l’editing proposto appaiono coinvolgenti.
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Il focus del reportage sono le drammatizzazioni sacre che nei principali quartieri di Palermo si tengono per le strade durante
il periodo della settimana santa che precede la Pasqua: un misto di rievocazione, devozione, transfert collettivo, ma anche curiose commistioni
tra spiritualità e cronaca, tra iconografia religiosa e ritualità sociali che, nelle pieghe, evocano cerimoniali d'altro tipo. Qui sacrificio
e sangue si collegano alla pietà femminile. Il set e il fuori scena colgono attimi, sfumature, sconfinamenti di senso, mentre le pie donne con
la loro intensità si sovrappongono a un archivio di madri, sorelle e vedove delle uccisioni per mano armata; incarnano storie recenti e lontane,
di guerre sante e laiche, di rivendicazione e appartenenza, soprusi e violenze.
Le immagini indagano la linea di confine che separa l'attualità dalla ricostruzione iconografica e puntano l'attenzione sulla forza comunicativa
implicita a ogni rito e alla sua messa in scena. Una forza che si declina attraverso nette dicotomie - fede e tradimento, onore e dolore – cui
corrispondono taglienti contrasti di bianco/nero.
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Con la collaborazione di: