L’autore affronta il tema con sguardo singolare, utilizzando la tecnica del mosso che aiuta l’immedesimazione e l’immersione nella figura descritta, offrendo
una potente testimonianza dell'immaginario teatrale con aderenza interpretativa al fattore onirico del racconto. L’editing appare sintetico ma completo,
scorrevole e narrante.
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“Accabadora. Il processo”, regia di Brunella Ardit, parla di una figura sarda, l’accabadora appunto, che in molte zone dell’isola veniva chiamata per aiutare a morire.
Chiamata dai familiari di un malato terminale si faceva carico materialmente di porre fine alle sofferenze del moribondo. Molto spesso questo ruolo veniva
affidato alla levatrice del luogo: lei aiutava a nascere e a morire.
Lo spettacolo “Accabadora. Il processo” nasce dalla scoperta di questa particolarissima figura, nasce dalla voglia di condividere lo stupore, nasce dalla voglia
di conoscere meglio la propria terra. E’ ambientato in un’aula di tribunale al termine di un processo ad una donna riconosciuta come femina accabadora.
La metafora del processo come interrogazione della propria coscienza rispetto a una scelta così estrema, sintetizza efficacemente il sottile e controverso
rapporto tra il concetto di giustizia – quella del tribunale e della società civile - e la sfera dell’etica di ciascun individuo.
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